Il Centro con La Lectura Dantis Scaligera si propone di contribuire allo sviluppo e all’apprendimento degli studi danteschi in vista del Settimo Centenario della morte del Poeta.
Lunedì 20 Dicembre 2021, ore 15.30, presso Palazzo del Vescovado (Sala dei Vescovi) - Piazza Vescovado, 7 (Verona)
Lectura Dantis tenuta da S.E. Mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona
È il canto che più di tutti ci offre la misura dell’ ”altezza d’ingegno” di Dante a prescindere dal contenuto che è unico nella letteratura universale: dopo la preghiera propiziatoria alla Vergine, la descrizione dell’incontro “faccia a faccia” con Dio.
Un terzo di tutto il canto è dedicato alla preghiera alla Vergine. I vv. 1-21, cioè le prime sette terzine, sintetizzano l’elogium dantesco rappresentato da un poderoso modo teologico e dogmatico: Maria è vergine e nello stesso tempo madre; suo Figlio in quanto Dio è anche suo Padre; è stata scelta per la sua unicità e nello stesso tempo è la più alta e potente delle creature umane; è stata pensata e scelta dalla Trinità da sempre per sempre; Dio si è incarnato in lei perché lei ha reso la propria natura umana degna dell’immenso onore di far ”germinare” la candida rosa del Paradiso.
All’elogium che Dante fa esprimere a San Bernardo seguono altre sei terzine (vv. 22/39), dove si esprime la supplicatio non per meriti ma per grazia di poter adattare lo sguardo umano alla più alta fonte di salvezza, a Dio stesso.
Dopo la supplica, altre cinque terzine concludono il cerimoniale regale (vv. 40-54). La preghiera non alla Vergine ma “della Vergine” a Dio vine accolta e Dante “intuisce” che sta per avvicinarsi al fine di tutti i propri desideri insieme al massimo grado del proprio ardore di creatura umana. Entra cioè nel raggio dell’alta luce che da sola è la verità.
I vv. 55-145 rappresentano la “visio”. Si susseguono con ritmo incalzante paragoni, esclamazioni, invocazioni: è la guerra dell’inesprimibile, “vede di più “ ma non riesce più a parlare, anzi a ricordare. Nel colmo dell’impotenza e della sconfitta prega direttamente la “somma luce” e chiede almeno una favella della gloria divina da offrire all’unanimità. Anche questa preghiera viene esaudita e al Poeta viene concesso di ricordare “il nodo” che lega il Creatore con “ciò’ che per l’Universo si squaderna”: è l’attimo eterno della unio mistica che dura più dei venticinque secoli che separano Dante dall’impresa degli Argonauti.
Poi, cambiando non Dio ma colui che guarda, la visione sprofonda maggiormente nell’inesprimibile. D’ora in poi la parola poetica diventa favella di un infante: il Dio unico gli concede la visione del Dio Trino preceduta da una preghiera che è un lamento d’amore: “oh quanto... oh luce...”. Il mistero dell’Incarnazione gli si presenta come”la nostra effigie pinta dentro quella circulazione che parava.... lume riflesso”. È finita la visione, torna la retorica del paragone: il Poeta è come il “geometra” che si affanna a far equivalere un quadrato a un cerchio.
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Come percorsa da una folgorazione, dopo l’attimo della grazia suprema l’uomo esce dal raggio divino e torna al ”prima”, ma ormai è “altro” perché investito da una nuova armonia di desiderio e volontà che lo rende simile a una ruota che si muove per impulso di Colui che muove il Sole e le altre stelle.
La Lectura Dantis completa può essere visualizzata al seguente link:
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