Il Centro con La Lectura Dantis Scaligera si propone di contribuire allo sviluppo e all’apprendimento degli studi danteschi in vista del Settimo Centenario della morte del Poeta.
Giovedì 16 Ottobre 2008, 10.30
prof. Bruno Basile (Università di Bologna)
Anche per l'Anno Accademico 2008-2009 il Centro Scaligero degli Studi Danteschi e della Cultura Internazionale ha offerto un programma articolato, capace, grazie alla scelta dei temi e alla partecipazione di lettori prestigiosi, di accogliere e soddisfare le esigenze di soggetti diversi: i soci, che hanno continuato il loro percorso di studio; gli studenti del quinto anno della scuola secondaria di secondo grado, che hanno avuto modo di prepararsi con maggiore consapevolezza all’esame di maturità; infine, tutti coloro (esperti, conoscitori o semplici appassionati) che hanno voluto partecipare agli incontri per avvicinarsi, scoprire o approfondire il pensiero di Dante.
Due, in particolare, sono state le motivazioni di fondo dell’Anno Accademico 2008–2009: affrontare il cielo di Giove, mondo grandioso del Paradiso dantesco (descritto nei canti XVIII, XIX e XX della terza cantica) e onorare la memoria di Giorgio Padoan, fine dantista e co-fondatore del Centro, in occasione del decennale della sua scomparsa.
Le Lecturae scaligere hanno quindi approfondito l’opera dello studioso veneto, sia tramite l’esame di temi a lui cari, come il rapporto fra Dante e gli Auctores, sia attraverso l’analisi e la riscoperta di alcuni suoi saggi.
I canti del Paradiso posti a fondamento del programma annuale, invece, hanno visto Dante, dopo l’incontro con il trisavolo Cacciaguida nel cielo di Marte, proseguire nel suo cammino di ricerca dell’Assoluto; il poeta passa senza soluzione di continuità dalla contemplazione, sub specie aeternitatis, del concetto di patria e dell’esilio immeritato prospettato dall’antenato, a quello intimamente connesso di giustizia divina e di salvezza.
L’uomo Dante, perseguitato dalla propria patria, conosce contemporaneamente il suo destino terreno di pena e la liberazione gratificante, offerta dalla misericordia infinita di Dio a lui e a tutti gli uomini, senza confini di civiltà, di religione, di tempo e di spazio.
Alla domanda “chi sono i salvati?”, Dante, senza scalfire il dogma secondo cui l’umanità si salva solo per opera di Cristo, dilata in modo nuovo, moderno ed estremamente attuale il concetto del mistero della misericordia divina che, coincidendo con quello di giustizia, salva sia i cristiani sia i non-cristiani.
I sei “esempi”di salvati, due ebrei (David ed Ezechia), due cristiani (Costantino e Guglielmo II d’Altavilla), due pagani (Traiano e Rifeo) culminano, nel canto XX, proprio nell’ultima magistrale figura dell’eroe troiano, presente in un rapido passaggio dell’Eneide.
Dante fa di Rifeo l’emblema, la cifra della salvezza e della grazia offerta da Dio, oltre che ai cristiani, a tutti gli uomini che in vita hanno vissuto un cristianesimo interiore. Dio è giusto nel punire i falsi cristiani e nell’esaltare i veri “cristiani”, ignari della “lieta novella”, a qualunque religione essi appartengano.
Nella scelta dell’icona della giustizia divina, il sommo poeta delinea così la figura dell’aquila, alla quale concorrono le migliaia di scintillanti anime dei giusti, come a dire: al giudizio divino “concorrono” gli uomini che hanno amato la giustizia («diligite iustitiam») e che formano quindi con Dio un corpo solo.
E proprio l’aquila, il simbolo della giustizia nella Commedia, è l'oggetto della Lectura Dantis inaugurale. Allegoria studiata nella sua genesi ed evoluzione nella poesia dantesca, essa rappresenta la matrice di un progetto politico filo-imperiale, dove il destino del poeta si correla alla storia dell’età sua.
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