Il Centro con La Lectura Dantis Scaligera si propone di contribuire allo sviluppo e all’apprendimento degli studi danteschi in vista del Settimo Centenario della morte del Poeta.
Venerdì 15 Gennaio 2016, ore 17.00, presso la Sala Convegni della Banca Popolare di Verona (via San Cosimo, 10)
prof. Marco Ariani (Università degli Studi Roma Tre)
Il canto inizia con una straordinaria promozione della Commedia a «poema sacro» al quale hanno posto mano due autori, Dio e il suo «scriba»: è a questa vertiginosa altezza che l’esame sulla speranza suona come un’iniziazione «ne l’aula più secreta» della celeste «basilica» in cui risiede la «corte» che gli offrirà il «cibo» della mistica sapienza. L’iniziando è vinto dalla luce in uno stato di soggezione estatica, accecato e muto di fronte al silenzio dei santi mistagoghi nascosti in vesti fiammeggianti: la sapienza acquisita è un «foco» che annienta, simboleggiato dall’eclisse di un sole che lo acceca (vv. 118-22, 136-39). La luce della Sapienza promana «da molte stelle», distillata (v. 71) come una pioggia stillante (v. 76) che diviene una piena che riempie e sgorga a pro di chi leggerà il «poema» (v. 78). È la largitas luminis dell’Epistola di Giacomo (v. 77) che cade dallo «Imperadore» (v. 41) della mistica corte che accoglie il pellegrino ansioso di apprendere i misteri della fede.
Il canto ripropone alla massima potenza il topos, caro al Dante paradisiaco, della luce come acqua di vita riversata sul mondo a imprimervi i sigilli della divina somiglianza: la speranza è l’esito di questo flusso di «grazia divina» che come «gloria» pervadente il mondo prepara l’iniziato ai misteri della «futura» resurrezione. La speranza riveste il fedele di una gloriosa «doppia vesta» (v. 92) che risplenderà come «cristallo» affocato nel giorno del Giudizio. Il messaggio è di una tale oltranza apocalittica che Dante ne resta accecato come da un’eclissi solare «che, per veder, non vedente diventa»: ma è la necessaria, dolorosa preparazione iniziatica alla seconda stazione mistica, l’esame sulla carità messo in scena nel canto successivo.
Marco Ariani è stato insegnante nelle Scuole Superiori dal 1970 al 1975 (di ruolo dal 1973), contrattista all’Università di Firenze dal 1975 al 1981, ricercatore confermato nella stessa Università dal 1981 al 1991, professore ordinario di Letteratura Italiana all’Università della Sapienza dal 1991 e poi all’Università di Roma Tre.
Si è occupato del teatro tragico, del petrarchismo e delle dottrine d’amore cinquecenteschi, del teatro del Settecento e del Novecento, di Petrarca e Dante, del Polifilo di F. Colonna. Attualmente continua i suoi studi sulle fonti filosofiche e sapienziali di Dante e attende ad un commento ai Dialoghi d’amore di Leone Ebreo.
I suoi campi d’interesse comprendono la filosofia e la teologia di Dante, le fonti della Commedia, la cultura classica di Dante, la metafora in Dante, la filosofia e la poesia nel Cinquecento.
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