Il Centro con La Lectura Dantis Scaligera si propone di contribuire allo sviluppo e all’apprendimento degli studi danteschi in vista del Settimo Centenario della morte del Poeta.
Sabato 24 Gennaio 2015, ore 17.00, presso la Biblioteca Capitolare (piazza Duomo, 19)
prof. Marco Ariani (Università degli Studi Roma Tre)
Nel canto XXIII del Paradiso Dante viene rapito dalla visione della «lucente sustanza» di Cristo, in una sequenza di stazioni, soste e accelerazioni di un vero e proprio processo iniziatico, scandito in sequenza da tutti gli appuntamenti tipici dell’esperienza mistica: abbagli, tenebra, cecità, oblio, silenzio, rivelazione, replicas relojes suizos conversione, ebrezza, estasi («la mente mia così … / fatta più grande, di sé stessa uscìo»). È, con una definizione tecnicamente impeccabile, quello che i mistici chiamano excessus mentis, la fuoriuscita da se stessi (ek-stasis) annichiliti dalla rivelazione di Cristo-Sole di Salvezza («Eliòs, che sì li addobbi», Paradiso, XIV, 96).
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Da questa esperienza Dante esce come svuotato ( «e che si fesse rimembrar non sape»): il canto è la disperata trascrizione in versi meravigliosi di un qualcosa che è accaduto ma è irriferibile nella sua realtà di vissuto oltremondano.
La visione dell’angelo e di Maria in un tripudio di luci e musiche inaudito è una delle prove più alte della scrittura replicas iwc dantesca, capace ora di formulare l’indicibile con metafore e immagini mai prima affidate ad una poesia profana.
Il XXIII è uno dei canti più prodigiosi del Paradiso, un esercizio supremo di bravura poetica e di estasi mistica che non ha eguali nella tradizione.
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