Il Centro con La Lectura Dantis Scaligera si propone di contribuire allo sviluppo e all’apprendimento degli studi danteschi in vista del Settimo Centenario della morte del Poeta.
Sabato 11 Gennaio 2014, 17.00, presso la Biblioteca Capitolare (piazza Duomo, 19)
prof. Lino Pertile (Harvard University - USA)
Sullo sfondo vastissimo del cielo di Giove, la grande aquila formata dalle innumerevoli faville dei giusti parla a Dante con una voce sola. Come da un fuoco composto di mille braci esce un calore solo, così gli amori dei beati si esprimono in un solo suono.
Il XIX del Paradiso narra un episodio teologico per eccellenza che, mentre poteva facilmente diventare una pagina di arida scolastica, si trasforma nelle mani di Dante in un canto arioso e felice come pochi. Dedicato al mistero insondabile di una giustizia divina che apparentemente non salva coloro che, pur essendo giusti, sono vissuti prima di Cristo o fuori dai paesi di tradizione cristiana, il canto riesce senza alcuno sforzo apparente a coniugare il rigore dottrinale con la leggerezza dell’ispirazione lirica, il linguaggio tecnico e latineggiante dell’aula universitaria con la freschezza di una metaforica continuamente risorgente.
La giustizia divina è un mare di cui gli occhi umani non riusciranno mai a vedere il fondo. I beati sono uccelli, faville, braci, incendi, rubini, mille e mille fiori dell’eterna letizia che emanano un solo profumo. L’aquila si fa prima falcone ansioso di spiccare il volo verso la sua preda, e poi, saziato il lungo digiuno del poeta, cicogna che gioisce d’aver nutrito i propri cicognini. Infine, il poeta stesso sembra godere della smagliante, prodigiosa creatività che, in questi canti di Giove, continuamente converte la sua riflessione filosofica in immagini fantastiche indimenticabili.
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