Il Centro con La Lectura Dantis Scaligera si propone di contribuire allo sviluppo e all’apprendimento degli studi danteschi in vista del Settimo Centenario della morte del Poeta.
Giovedì 11 Novembre 2010, ore 17.00
prof. Stefano Aloe (Università degli Studi di Verona)
Inconcepibile, per Dante come per Dostoevskij, con tutta la distanza temporale e culturale che li separa, una letteratura sganciata dall’etica, di più: una letteratura che non si nutra dell’esigenza etica e che non faccia di essa, oltre che un principio movente, un obiettivo letterario e quindi anche estetico. In questo si possono trovare alcune spiegazioni esterne ai due scrittori, ovvero legate alle loro culture di riferimento, ma è palese che la loro individualità li spinge ben oltre le indicazioni delle epoche e degli ambienti in cui sono vissuti. Va anche sottolineata la comunanza di situazioni biografiche: l’esperienza dell’esilio per Dante, i lavori forzati per Dostoevskij. Partendo da determinate basi, l’essere scrittore incorpora uno status di responsabilità etica nei confronti del proprio scritto e dei lettori- fruitori; la personalità di chi scrive non va disgiunta dalla Verità che egli, per vocazione personale, quasi alla stregua di un profeta, è chiamato a formulare nell’involucro estetico dell’opera letteraria.
Non mancano però profonde differenze di concezione etica fra Dante e Dostoevskij: troppo diverso l’ecumene in cui sono immersi, diversi i valori di cui si nutrono e contro cui combattono. Si è spesso rilevato come l’opera di Dostoevskij sia in singoli momenti (Memorie da una casa di morti, Il sogno di un uomo ridicolo...), e anche nel suo complesso, una sorta di Commedia della contemporaneità. Ma la discesa nell’Ade di Dostoevskij attraverso il delitto e il castigo appare a volte un’ascesa mistica in direzione della conoscenza salvifica, racchiudendo in sé inferno, purgatorio e, almeno a livello di intuizione, paradiso; ma dalla selva oscura alcun personaggio, e men che meno lo scrittore, può mai uscire.
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